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Il suo insegnante: "Quella volta che bisticciai con lui"

Feltre, settembre 1978

 

A Feltre, nel convento di San Vittore, che risale all'undicesimo secolo, vive don Giulio Gaio, che ebbe come allievo Albino Luciani nel biennio 1926-27, quando il futuro Papa frequentava il Ginnasio al seminario di Belluno. Don Giulio parla del seminarista Albino Luciani con estrema vivacità di ricordi, cominciando con un motto di spirito in buon veneto: «Na bela rangiada el ga ciapà Luciani

 

(Luciani è stato conciato per le feste...). «Nell'aspetto», dice, «corrispondeva al tipo di ragazzo paesano. Semplice e buono, non si lasciava andare ad atteggiamenti superbi, non faceva pesare la sua superiorità sui compagni, anche se era nettamente il primo della classe. Era simpatico, ma non tra i più vivaci. Raramente usciva dalla naturale riservatezza; al pallone preferiva lo studio».

 

Com'era la sua condotta?

«Non si lasciava mai distrarre, non parlava mai a vanvera. Le domande che poneva erano sempre tempestive. Essere umile è sempre stato il suo impegno».

 

Lo dice adesso, perché è Papa?

«No. Ha sempre fatto tutto con la massima applicazione. Basta pensare ai suoi componimenti in italiano. Mentre gli altri arrivavano a fatica a scrivere quattro facciate, lui, con la sua calma, ne compilava fino a venti. Ho passato lunghe ore a leggerle: per un insegnante, una bella croce, anche se errori non ne trovavo mai».

 

Aveva delle preferenze fra le materie di studio?

«Amava molto la storia, la padroneggiava tutta, avrebbe potuto competere tranquillamente con i suoi compagni del liceo».

 

Cosa ricorda della sua famiglia?

«Povera e onesta. Credo che raramente abbia pagato per intero la retta del seminario. Ma la vocazione c'era e andava assecondata».

 

Com'era Luciani da prete?

«Non lo persi mai di vista, anzi le occasioni di incontro furono molte, e l'amicizia fra noi non si affievolì mai. Non che fossero tutte rose e fiori. Qualche screzio ci fu. non grandi cose. lo vengo dal Partito popolare, e mi era sempre difficile contenere la mia esuberanza. Luciani era attento a salvaguardare gli equilibri. Fu così che, per alcune questioni, in una campagna elettorale di vent'anni fa non ci trovammo in pieno accordo. Ma tutto passò. Lui stesso, investito della porpora, mi scrisse di dimenticare quel piccolo episodio di attrito. Gli risposi che l'infula (il copricapo dei Vescovi) si era alla fine posata su una testa giusta».

 

E Luciani Patriarca di Venezia?

«Naturalmente ci vedemmo di me-no. Ma una volta ricordo che gli raccomandai di armarsi di quella pazienza da me a suo tempo impiegata nella lettura dei suoi temi».

 

Un giudizio su Luciani politico.

«Alcuni lo considerano un conservatore. Non è esatto. Per me è un uomo equilibrato, attento ai fermenti nella Chiesa». 

 

a.m.

 



 

 

Don Giulio Gaio, insegnò a papa Luciani italiano e latino.