D’azzurro al monte all’italiana di sei pezzi d’argento movente dalla punta, accompagnato da tre stelle d’oro in cinque punte; al capo patriarcale di San Marco: d’argento al leone passante alato e nimbato al naturale tenente colla zampa destra anteriore un libro aperto recante la leggenda “PAX TIBI MARCE EVANGELISTA MEUS”.
La presenza nello stemma dei “capo patriarcale di San Marco” ricorda – come per S.Pio X e Giovanni XXIII – il periodo in cui il cardinale Luciani era patriarca di Venezia.
Si tratta di una trasposizione del celebre emblema della Serenissima Republica.
Il leone è l’animale simbolico dell’evangelista San Marco, il quale, durante le sue peregrina-zioni apostoliche, avrebbe soggiornato in un’isola della laguna ed ivi avuto la visione di un angelo che lo salutò da parte del Signore colle parole: “La pace sia con te, Marco, mio evangelista”.
Nell’arma della Serenissima il leone era “d’oro” e teneva una sciabola: il campo era rosso, ricordando la porpora imperiale. Adottato dal Patriarca, l’emblema diventava religioso e non piú politico, e il campo passò dal rosso all’argento.
Non poteva piú quindi il leone essere “d’oro”, e tornó “al naturale”.
Di piú, per manifestare il carattere pacifio della religione cristiana, il leone perse la sua sciabola.
Prima che Mons. Luciani fosse stato nominato patriarca di Venezia, la parte alta del suo stemma era occupata da un profilo di montagne, che volevano ricodare quelle del paese natìo del Presule (Canale d’Agordo è a quast mille metri di altitudine).
Le tre stelle in campo azzuro, che constituiscono tuttora la parte centrale dello stemma, illustrano invece il concetto della luce, incluso nel cognome Luciani.
Le montagne, sparite dal “capo” per lasciare il posto al leone de Venezia, si sono trasferite in “punta”, assumendo la stessa forma araldica usata da Papa Paolo VI.
Si puó dire quindi che come Giovanni Paolo I ha unito nel proprio nome quello dei suoi due immediati predecessori, cosi il suo stemma ha assunto qualcosa dell’uno e del-l’atro: il “capo di San Marco” ad imitazione di Giovanni XXIII e i “monti all’italiana” a somiglianza di Paolo VI.